Roberto Marsicano

Le sue Opere

Dei miei due round con gli psicanalisti mi sono rimaste alcune cose buone.

Ho scoperto di essere un ossessivo, cioè uno di quelli che deve controllare minuziosamente il proprio mondo e perciò soffrono se escono di casa senza il fazzoletto, anche se non sono raffreddati, che contano enne volte le finestre di una facciata, gli elementi del termosifone nella sala d'aspetto del dottore o le stecche di una persiana già censita mille volte.

Pensavo che tali manie fossero l'effetto di essere stato per anni un informatico, ma lo strizzacervelli mi ha rivelato, con mio grande smarrimento, che ognuno di noi va a cercarsi il lavoro adatto alla propria nevrosi ed io mi ero scelto, con grande successo lavorativo, il lavoro adatto alla mia ossessività: provare e ripravare un programma finchè non 'gira', cioè non funziona senza errori.

Ovviamente non posso guarire della mia nevrosi perchè dovrei riavvolgere il nastro della mia vita, spingere il tasto REW, riportarlo all'infanzia, cancellare le parti non adatte e poi ... e poi ... non sarei più Roberto Marsicano, ma un altro, con un'altra storia, un'altra vita, e non so se mi piacerebbe fare come dice la Piaf in 'Je ne regret rien, 'je repas a zero', ripartire da zero o ricominciare da tre, come il Massimo Troisi che va a Firenze non per emigrare, ma per viaggiare e per ricominciare.

Anche io, un bel giorno ho deciso di ricominciare, da 58, gli anni che avevo quando ho deciso di troncare quella relazione piena di dolore che è l'essere napoletani; ho troncato la storia d'amore per la mia città, Napoli, che, come la malafemmena del Principe Antonio De Curtis, che Roberto Murolo sta cantando in sottofondo sul mio iPod, ti tradisce sempre, non ti ama, non ti da niente e, quando pensi di averla finalmente, ti sfugge perchè lei fa così, se le fa comodo, come la bella senz'anima di Cocciante che il mio iPod sta suonando (per caso?) ...

Il caso, altra importante elemento della mia vita, anzi, il caso e la necessità, come il titolo del libro del genetista Jacques Monod, opera fondamentale per far comprendere al mondo che l'intiiuzione di Darwin era molto ben fondata e basata su queste semplici due forze: il caso, che altera la vita di cose, animali, piante e umani, e la necessità (di sopravvivere), che c'impone di adattarci al mondo circostante. Adattarsi al mondo e non poterlo controllare: che grande Tragedia per un ossessivo, come scalare una parete sconosciuta, dove ogni volta bisogna cambiare appiglio, attrezzo e spesso anche i compagni di cordata.

Cordata, altra parola topica, la cordata che devi scegliere per fare carriera perchè il tuo valore, capacità, furberia, astuzia, fascino, eleganza, intelligenza, creatività, amicizie sono solo il 20% di quello che serve, il restante 80% è capire qual è la cordata giusta, quale sarà la barca vincente dove potrai imbarcarti se quelli che già c'erano sopra capiscono che tu sei utile, che un volta a bordo remerai più degli altri e non ti prenderai i meriti che toccano al comandante, al nostromo e al nocchiero, remerai con forza, anche per altri che non remano mai e che su quella nave ci devono stare per forza, remerqai forte , sapendo che, al momento opportuno, avrai una parte del bottino: sarai promosso, con un passo più lento di chi deve essere promosso, ma sarai promosso, farai carriera, un po' più lenta, ma la farai perchè, come disse un giorno il mio capo, un saggio elegante nobiluomo siciliano: in questa banca chi deve fare carriera la fa e ne io e ne lei possiamo farci niente, quelli come lei che servono all'azienda la faranno, più lentamente, ma la faranno.

E mi sono adattato, felice di sfogare la mia ossessività nel perfezionare la massimo il sistema informativo della mia banca, a livelli tali che in 25 anni ho avuto un solo fermo di una carta durata, tre giorni, e non per colpa mia o dei miei uomini, un banale guasto.

La mia carriera è andata avanti, promozione dopo promozione, ogni due, tre anni, sempre per merito finchè il caso non ha voluto che tutto finisse. La mia banca è stata liquidata ed io mi sono dovuto adattare di nuovo: ho dovuto abbandonare la nave che aveva esaurito la sua storia e prendere di corsa un'altra e, devo dice mi era andata di lusso, sbarcavo da una banca italiana e andavo in un'azienda di proprietà di Societè Generale, la seconda banca di Francia, con un incaricoi che mi permetteva di realizzare un sogno: andare a Milano e poi, forse, anche a Parigi. Un sogno lungamente sognato che mi avrebbe permesso di troncare quella sofferta relazione con la mia amata città e mi avrebbe dato altre possibilità di crescere.

E' durata solo due anni, poi sono stato venduto a un'azienda inglese che mi ha riportato al sud, A Roma, pendolare per due anni ogni giorno fra Napoli e Roma, un altro adattamento a un nuovo scenario. Avevo appena ripescato il mio francese per farmi bello agli occhi dei colleghi francesi e mi sono ritrovato in un board della filiale italiana di un'azienda inglese, dove era obbligatorio parlare inglese, cosa che tutti diligentemente facevano per quindici minuti, dopo di che si passava al più comodo italiano con accenti romaneschi.

Me ne sono andato con il nuovo secolo, di nuovo a Napoli fino a che non abbiamo considerato, io e mia moglie, che insistere con Napoli non era un bene per noi e soprattutto pr le nostre filgie perchè, amare e non essere amato è tempo perduto, e allora meglio il cielo grigio di Milano, così accogliente, che l'azzurro di Napoli, così feroce, parole di Giuseppe Marotta, che vorrei aver scritto perchè danno il senso di quest'amore così grande che abbiamo per questa bellissima malafemmena che tu napoletano conosci nelle sua parte più intima, conosci l'afrore dei suoi vicoli, l'hai penetrata mille volte, hai giocato sui basoli di pietra lavica, duri come il suo cuore che ti da niente, nemmeno la banale soddisfazione del sorriso compiaciuto di chi si sente amata, Niente.

Oggi ho una storia con Milano, una signora piccolo borghese, a modino, con il suo salotto buono, le sue maniere educate dove certe prorompenti sparate non funzionano. Qui è tutto sottotono, tranquillo, monotono, grigio, ma non ti stressa, non ti richiede grandi sforzi di adattamento, è tutto così banale e semplice che è come sentirsi portato a valle dagli sci, non devi fare nient'altro che applicare la tecnica:: ginocchia unite, puntare il bastoncino, piegamento e scendi a valle elegante, leggero, soddisfatto. Non c'è più niente da scalare, la pista è libera, scendi veloce e sei felice? No, perchè quella malafemmena ti manca, la desideri, cerchi intorno uno straccio di mare, alzi lo sguardo cercando la mole maestosa di Sant'Elmo, il bel forte che domina la città, ti manca il sole del mattino che sempre spuntare dal Castel Dell'Ovo, mentre vai in ufficio, e ti manca il tramonto di rosso, di viole e turchino dietro Posillipo, quando torni a casa ...

Pensi che un giorno, quando avrai costruito qualcosa a Milano, potrai riaverla, ma è un'altra illusione, la Milano piccolo borghese, a modino, con le sue buone maniere e il salotto in ordine, ti tiene con la sua carineria, la sua eleganza discreta e, allora, perchè ritornare? A soffrire?

Perchè in fondo ne sei innamorato pazzo, di un amore folle e senza freni, e quella malafemmena, sguaiata, sciagurata, che si da a tutti senza essere di nessuno, la vuoi ancora, ancora e ancora ...

Che cosa orribile è l'amore, che cosa orribile è amare Napoli.

E Napoli e è la protagonista del mio romanzo Il sale sulla coda, dove ho voluto raccontare una città poco conosciuta, quella della borghesia ricca, se non ricchissima.